Il soffitto del tempio di Bel: dalla ricostruzione virtuale alla copia fisica
Tempio di Bel: il soffitto del Thalamos nord
Di Palmira, uno tra i monumenti patrimonio dell’umanità dal 1980, sono arrivate fino a noi pochissime fonti iconografiche. Per quanto riguarda il tempio di Bel, abbiamo a disposizione soltanto alcune testimonianze fra disegni, incisioni e fotografie.
La porzione del soffitto del Thalamos nord che abbiamo ricostruito è di circa 4 metri di larghezza per 1,5 metri di profondità e ha un’altezza di circa 1,6 metri al vertice della cupola; è inoltre ornata da un ricco apparato scultoreo decorativo, composto da svariati capitelli greco-romani, kyma lesbio, girali di acanto, sculture umane e di animali mitologici, in parte acefale, inserite in una struttura architettonica greco-romana con architravi anch’essi decorati.
La ricostruzione digitale
Le fonti iconografiche a disposizione sono state le basi di partenza per strutturare la ricostruzione digitale del modello del soffitto del Thalamos nord. Nella ricostruzione del modello digitale, abbiamo impiegato due operatori per oltre un mese di lavoro, al fine di svolgere un’attenta analisi iconografica del materiale ricevuto dagli storici, renderlo filologicamente coerente e infine comporlo con il dettaglio necessario alla realizzazione della copia in scala reale.
MODELLO VIRTUALE
La metodologia applicata per il progetto prevede una sequenza di procedure – prima l’analisi, poi la modellazione e, per ultima, la costruzione – messe in atto per realizzare in modo coerente la copia:
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in primis, è necessaria un’analisi del manufatto architettonico, attraverso l’inquadramento storico e artistico degli elementi decorativi e architettonici, da cui ricavare i caratteri principali o lo stile in cui sono stati realizzati
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successivamente, si effettua un’analisi iconografica di tutto il materiale, sia fotografico che di disegni e rilievi storici, al fine di creare una banca dati degli elementi che permettano la ricostruzione virtuale con maggior verosimiglianza all’originale, rimodellando le parti visibili e interpretando, attraverso i dati e le analisi, le parti non visibili dalle fotografie
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partendo dalla digitalizzazione del materiale cartaceo, si vettorializzano le immagini trasformandole da raster a CAD vettoriali bidimensionali. Arrivati a questo punto, si incrociano i dati e si crea un file bidimensionale, che tenga conto di tutte le deformazioni e le interpretazioni dei disegni e delle fotografie, in modo tale da ottenere piante, prospetti e sezioni congrue tra loro che formino così la base corretta da cui elaborare il modello 3D
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ora, si procede con un altro software ad elaborare il modello, trasformando, attraverso apposite funzioni di modellazione, le linee, le curve e i poligoni in superfici e piani tali da creare la tridimensionalità del modello. Per cercare di mantenere le proporzioni, si procede seguendo un ordine logico dall’architettura al dettaglio decorativo, cesellando il modello per lavorazioni successive, che dalla volumetria porterà alla decorazione più particolareggiata.
Si stampano in 3D gli elementi decorativi, poi si interviene direttamente sugli elementi stampati segnando le modifiche da apportare al modello digitale; in tal modo, è possibile seguire passo dopo passo l’evolvere del processo, anche attraverso revisioni costanti – in collaborazione con gli archeologi – degli elaborati ottenuti.
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il modello virtuale generato attraverso questi processi risulta come appena realizzato dagli scultori, perché non presenta usura o danneggiamenti dovuti a componenti naturali o umane; fatta eccezione per la parte delle figure inserite nella cupola, già gravemente deturpate, la ricostruzione sarebbe risultata inverosimile. Questa scelta è stata fatta per ottenere la corrispondenza degli elementi e mantenere i corretti rapporti architettonici e decorativi; successivamente, si è dovuto procedere ad un invecchiamento tramite un processo manuale affidato ad un tecnico che, comparando le fotografie e analizzando la tipologia di usura del materiale lapideo di cui era composta l’opera, per fasi successive di asportazione del materiale e aggiunta cromatica (alcune parti sono annerite da cenere e fuliggini), ha portato la copia allo stato del 2015, prima della sua definitiva distruzione avvenuta in agosto
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Fermamente convinti dell’importanza di un database 3D di un bene di simile valore, una volta terminate le operazioni e dopo le verifiche degli esperti, abbiamo realizzato una scansione 3D del modello finito: in questo modo, tutto il lavoro di ricerca, sia digitale che artigianale, si è fuso in un modello da conservare per successive ricerche e valorizzazione.
COPIA FISICA
Dal modello virtuale, completo delle decorazioni, si procede poi alla realizzazione della copia fisica in scala reale. Dal momento che la copia è di notevoli dimensioni, si è resa necessaria la scomposizione del modello in sottoelementi, circa 250, da assemblare. Inoltre, visto che la copia doveva essere gestibile per il trasporto e l’installazione in esposizione, sono stati utilizzati materiali leggeri (polistirolo e poliuretano) rivestiti da una resina ad alta resistenza all’usura e al contatto con l’acqua.
STRUMENTI
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Macchine per taglio a filo caldo
Partendo da un blocco di grandi dimensioni (polistirolo, polistirene estruso o simili) vengono tagliati i vari elementi attraverso un sistema di carrucole e meccanismi che fanno scorrere nel materiale un filo metallico ad alta temperatura: hanno preso così forma 140 elementi, dai più piccoli, di 10 cm di lato, ai più grandi da 1,40 metri di lato.
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Braccio robotico antropomorfo per la fresatura
La parte della cupola ricca di elementi scultorei è stata realizzata in 5 parti fresate attraverso un braccio robotico antropomorfo a sei assi di libertà. Attraverso il software di elaborazione, dal modello digitale vengono creati i percorsi macchina e la successione delle punte fresanti, che lavorano come uno scultore. Il robot “sgrossa” in autonomia il blocco di polistirolo e, cambiando in automatico la punta del braccio, rifinisce i dettagli per passaggi successivi.
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Sistemi di Stampa 3D
La tipologia del manufatto propone una serie di elementi scultorei ripetitivi e modulari; per l’elevato numero di elementi seriali da realizzare e per ottimizzare i tempi di riproduzione si è deciso di creare separatamente, attraverso tecniche di rapid prototyping, gli elementi decorativi del soffitto e applicarli sulla base realizzata a taglio; ottenuti i moduli dal modello complessivo, sono state applicate due diverse tecniche di stampa 3D.
Gli elementi ricchi di decorazioni e complessi sono stati prodotti con una stampante 3D professionale a polvere di gesso, per via del suo elevato grado di precisione (0,01 mm per ogni layer di stampa), mentre per gli elementi più semplici è stata utilizzata una stampante con tecnologia FDM, che utilizza termoplastiche il cui dettaglio di stampa è sufficiente per forme geometriche semplici (0,06 mm per ogni layer di stampa). Stampati i componenti modulari in 3D, attraverso un calco siliconico, si sono realizzate tutte le copie necessarie, fedeli in ogni dettaglio, ma in materiali più leggeri.
Assemblaggio, finitura e resa al vero
Assemblando “a secco” il modello per verificare che ci fossero tutti i componenti, si è proceduto a unire, tramite resine epossidiche certificate, tutte le parti stampate e fresate a controllo numerico; si è ottenuta così una copia completa del soffitto solidale, la cui morfologia ricalca la realizzazione priva di usura dal tempo e dall’uomo.
Per portare il modello alla resa come dalle immagini dello stato pre-distruzione si è proceduto con un trattamento di usura manuale e meccanica delle decorazioni e di alcune parti architettoniche, sulla base delle immagini fornite allo staff e in costante contatto con gli esperti del comitato scientifico.
Completata la fase di “invecchiamento”, si è proceduto a consolidare gli elementi decorativi tramite uno strato leggero di gesso sintetico caricato con ossidi e polveri di pietra arenaria (simile all’originale) per rendere tutto l’assemblato monolitico e dare una prima tonalizzazione uniforme a tutto il manufatto; la parte posteriore e quelle laterali sono state invece rinforzate con uno strato di vetroresina.
Da una serie di campionature di varie finiture cromatiche, presentate al comitato scientifico composto dalla Dott.ssa Pinnock e dalla Dott.ssa Acidini, si è scelto il livello di resa cromatica finale delle varie componenti.
Dopo il bilanciamento cromatico delle sue parti e la resa finale delle varie sfumature tramite coloranti idonei in liquido e polvere a base acrilica e di ossidi, tutto il manufatto è stato rivestito da uno strato di protettivo trasparente opaco acrilico.
Problematiche
Il progetto ha evidenziato le problematiche nella salvaguardia della memoria dei beni storici quando questi vengono colpiti da eventi tragici. L’importanza di implementare i progetti di raccolta e archiviazione dati, anche attraverso le nuove tecnologie, renderebbe più agevole lo studio e la condivisione di questi beni, sia per il restauro che per la valorizzazione. Nello specifico, nel caso di eventuali riproduzioni, questo processo limiterebbe al massimo l’interpretazione soggettiva degli studiosi, altrimenti inevitabile nella consultazione di immagini fotografiche e rilievi storici, e garantirebbe precisioni certificate.
Ringraziamenti
L’opera realizzata è la sintesi di un grande sforzo di collaborazione tra competenze e professionalità diverse, che non sarebbe stato possibile senza la grande volontà di sensibilizzare a queste tematiche. Nella realizzazione del progetto, sono stati coinvolti:
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i promotori del progetto
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il comitato scientifico
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tutto lo staff di TryeCo 2.0 srl
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Alex P.O.P e Andrea Fantini Studio, aziende che, insieme a noi, hanno attivamente collaborato alla buona riuscita del progetto.